L’Amazzonia Colombiana
E’ fin da quando ero ragazzino che sognavo di visitare l’Amazzonia. Da quando ho cominciato a leggere le avventure della serie a fumetti Mister No li ambientata. Poi nella seconda metà degli anni ’80 vidi il film Hotel Colonial, per carità pellicola certo non memorabile nonostante interpretata da John Savage e Robert Duvall, ambientata a Leticia nell’Amazzonia Colombiana e il desiderio di visitare quest’area enorme ed eccezionale si è spesso focalizzato proprio su quella parte di Amazzonia. Da allora sono stato due volte in Colombia e svariate volte in Brasile, almeno una decina, ma mai in Amazzonia. Quando è quindi capitata l’opportunità di un volo a prezzo decisamente contenuto, meno di 500€, per Bogotà non ho esitato ed ho prenotato. Da li ho costruito un bellissimo terzo viaggio in Colombia che si è snodato attraverso Amazzonia, Eje Cafetero e Caribe Colombiano (la sempre bellissima Cartagena de Indias) oltre ovviamente a Bogotà decisamente rinata e splendente rispetto a quella che visitai nel 1991 al mio primo viaggio in questo bellissimo paese.
Dopo una notte di riposo dal volo intercontinentale io e il mio fidato compagno di viaggio Vittorino (detto Piedino) prendiamo quindi un volo che ci porterà a Leticia, capoluogo del dipartimento di Amazonas, affacciata sul Rio delle Amazzoni e al centro di un’area chiamata Tres Fronteras perchè confinante con Brasile e Perù (che è esattamente nella riva opposta del Rio). Definire capoluogo Leticia fa un po’ sorridere…. Nella realtà Leticia è poco più che un paesino fatto di case quasi tutte basse, tranquillo e tutto sommato piacevole nella sua straordinaria semplicità. La gente, come per altro in tutta l’Amazzonia colombiana, è cordiale e generalmente allegra. Va detto che non c’è molto da vedere in questa piccola cittadina al di fuori della vita che si anima un minimo a ridosso del Rio ed in particolare nel suo pittoresco e colorato mercato alimentare. Merita tutto sommato una visita anche il Parco Santander, qui famoso per le migliaia e migliaia di pappagallini verdi che poco prima del tramonto arrivano dalla foresta circostante a cercare rifugio e riparo per la notte. Lo spettacolo del loro arrivo rumoroso a “sciami” è in effetti carino e pittoresco…
Attraverso internet e a seguito delle recensioni, tutte col massimo voto, su Tripadvisor avevo contattato un operatore locale specializzato in tour nella jungla, Amazon Tour, col quale avevamo concordato un tour assolutamente privato nella foresta amazzonica di 5 giorni e 4 notti. Se farete questa eccezionale esperienza mettete in conto di portare poca roba perchè viaggerete solo col vostro zaino che dovrete tenervi addosso per tutti i trasferimenti, ossia tutti i giorni. L’operatore locale vi fornirà stivali (indispensabili !) e una cerata per le frequenti piogge. Il vostro bagaglio per il resto del viaggio potrete lasciarlo in agenzia. Una guida esperta sarà con voi h24, a noi viene assegnato Thomas, ragazzo di Leticia simpatico oltrechè esperto. Inutile dire che dopo poco si rivelerà un amico oltrechè fidata e indispensabile guida.
Giorno 1. Iniziamo quindi il giorno successivo il nostro tour che inizia con una visita di Leticia, del suo museo e ovviamente del confine con il Brasile. Definire questo un confine è veramente divertente…una strada con un incrocio…cammini e a un certo punto senza accorgertene sei in Brasile. C’è una sorta di piccolo obelisco che indica ai due lati opposti le due nazioni, per terra una riga disegnata che indica il confine. Nulla più a parte qualche piccolo cartello folkloristico con la scritta Bem vindo ao Brasil e il piccolo posto di polizia (Punto Fronterizo Colombia Brasil) che probabilmente ha l’unico scopo di timbrarti il passaporto se hai intenzione di proseguire il viaggio in Brasile attraverso l’aereoporto di Tabatinga, la città brasiliana confinante con Leticia, o il Rio delle Amazzoni.
Nel pomeriggio, dopo un pranzo al ristorante peruano Sazon, entriamo nella foresta amazzonica a piedi indossando per la prima volta i nostri fondamentali stivali. Il programma prevede una camminata di un’oretta nella jungla per raggiungere la maloca dello Sciamano William della comunità degli indios Witotos. Il primo impatto con la foresta amazzonica è abbastanza blando, il sentiero è tracciato, a parte qualche albero precipitato che lo attraversa ed alcuni acquitrini, anche se il caldo e l’umidità si fanno decisamente sentire. Anche l’esperienza con lo sciamano non è particolarmente entusiasmante, a parte la lunga sosta nella maloca che è effettivamente molto caratteristica. Come per tutto il resto del viaggio siamo solo io e Piedino, oltre alla nostra fidata guida, mentre sul posto incontriamo un ragazzo palestinese che ha deciso di provare l’esperienza di vivere qualche giorno qui in pressochè totale isolamento. Lo sciamano ci spiega varie cose, tra queste l’uso delle foglie di coca per via orale, pratica molto diffusa tra le popolazioni amazzoniche. Le foglie di coca vengono pestate assieme a una polvere alcalina ricavata dalla cenere di alcune piante (soprattutto la china) o da conchiglie. Generalmente ne vengono fatte delle sorte di palline avvolte dalle stesse foglie che vengono poi tenute a lungo nelle guance della bocca. Ovviamente non ci esimiamo dal provare anche se mettiamo solo una piccola quantità di questo composto sotto la lingua. Effettivamente un po’ di energia la percepiamo…
Finita l’esperienza nella maloca cominciamo il rientro che ci porterà al pezzo forte della giornata (ed uno dei momenti più intensi di tutto il viaggio): passare la notte in una casa sull’albero in mezzo alla foresta. Giunti al sito, la Reserva Natural Tanimboca, e dopo una cena a base di pizza amazzonica (una sorta di pizza fatta però di tapioca molto simile a quelle che si mangiano in Brasile) siamo pronti per la camminata notturna con tanto di faretto in testa a caccia di serpenti, tarantole e quant’altro di notte si anima nella foresta. La camminata, di più di un’ora, è decisamente suggestiva. La guida della Riserva, mi sembra si chiamasse Sergio, è giovane ma molto esperta e preparata. Scoviamo un piccolo serpente e poi un numero imprecisato di rane, tra le quali la coloratissima rana velenosa, tarantole, scorpioni e insetti vari. Certamente camminare in un contesto simile nel buio della notte fa un certo effetto e lo percepiamo soprattutto in quei momenti in cui spegniamo le luci. Va detto però che, come per il resto del viaggio, non percepiamo mai di sentirci in pericolo anche se comprendiamo molto velocemente che nella foresta amazzonica in qualsiasi momento puoi lasciarci le penne o comunque passare brutti momenti per una serie molto ampia di motivi. Ma ripeto, a parte questa consapevolezza non abbiamo mai la percezione di sentirci in pericolo….sarà dovuto forse al grande senso di pace e interazione con questa natura che ti attornia e ti sovrasta, sensazione di pace che ci accompagnerà per tutto il viaggio in Amazzonia. Dopo più di un’ora giungiamo a quella che sarà la nostra dimora per la notte. La casa sull’albero, fatta a forma di barca, è a un’altezza di circa 15 metri raggiungibile attraverso una scala abbastanza comoda ed accessibile attraverso una botola. All’interno la casa è trafitta dai tronchi di due alberi belli spessi, è una sorta di piccolo open space molto spartano costituito da un bagno con doccia e da due letti ben chiusi da zanzariere a tutti i lati. La casa stessa è aperta su tutti i lati e protetta da una fitta e solida zanzariera. Praticamente si è completamente immersi nella natura.
Avevo dato per scontato che quella notte non avrei chiuso occhio e invece, nonostante i rumori incredibili della notte amazzonica e una sorta di nubifragio che dura tutta la notte, riesco a un certo punto ad addormentarmi e a risvegliarmi la mattina presto del giorno successivo. La guida ci aveva dato precise indicazioni di aspettarlo per ricondurci all’uscita ed un orario cui sarebbe arrivato. Siccome ci svegliamo ben in anticipo scendo, ricordo da dove siamo arrivati la notte prima e dico a Vittorino “mah secondo me possiamo provare a tornare da soli, se siamo arrivati di li basta che ci dirigiamo in quella direzione”. Per fortuna aspettiamo perchè quando arriva la guida ovviamente poi ci dirigiamo nella direzione opposta a quella che avevo ipotizzato io…probabilmente sarebbero ancora li che ci cercano se avessimo deciso autonomamente…
Giungiamo quindi al piccolo ritrovo dove si fa colazione e conosciamo una simpatica coppia di tedeschi che incroceremo poi altre volte durante il viaggio, anche all’Eje Cafetero che è a più di mille km da qui. Ebbene anche loro ci raccontano la loro esperienza, ben più avventurosa, sulla casa sull’albero. Ci raccontano infatti che al mattino hanno la spiacevole sorpresa di ritrovarsi nel water un bel topo che non vuole saperne di rifare la strada al contrario nonostante tirino varie volte lo sciacquone…per fortuna apprendiamo questa storia a notte ormai passata. Per cui il mio consiglio se qualcuno vorrà provare questa fantastica esperienza è quello di assicurarsi per sicurezza che il coperchio del bagno resti ben chiuso, magari mettendoci anche sopra qualcosa che faccia peso. Al di la di ciò ribadisco che una esperienza simile va fatta assolutamente perchè è veramente eccezionale sperando, come sicuramente è, che l’episodio del ratto nel bagno sia comunque un evento abbastanza raro.
Giorno 2. Terminata la colazione ci mettiamo in marcia. Ci attende una camminata abbastanza lunga direzione la comunità indigena Ticuna di San Pedro de los Lagos prima e la splendida Reserva Flor de Loto dopo, destinazione questa che raggiungeremo in canoa. Dopo un primo tratto sull’asfalto entriamo in un sentiero che via via che camminiamo comincia a farsi più fitto ed intricato. Piove, ma devo dire che visto il caldo afoso del giorno prima non è una circostanza che ci dispiace, anzi. La pioggia non è certo il tifone tropicale che si è abbattuto nella notte ma è anzi sopportabile e siamo ben attrezzati con stivali e cerate. E la temperatura è decisamente accettabile per poter fare una marcia nella jungla di più di due ore. Man mano che proseguiamo la jungla si fa sempre più fitta, il terreno è fangoso, il contesto veramente meraviglioso. Più di una volta abbiamo il timore la nostra fidata guida Thomas possa essersi persa perchè orientarsi in un ambiente così non è certo facile. Ammiriamo la fauna e la flora della foresta amazzonica in tutto il suo splendore e nella sua assoluta varietà. Devo dire che anche questa camminata è qualcosa di eccezionalmente emozionante….
Dopo una lunga camminata di oltre due ore cominciamo a scorgere un po’ di sole, segno che la foresta si sta facendo meno fitta. Dopo poco usciamo dal fitto della foresta e incrociamo una famigliola…chiaro segnale che siamo ormai prossimi alla comunità di San Pedro. Dopo una breve sosta nella comunità ci dirigiamo verso una minuscola ansa dove ci attende una canoa a motore che ci condurrà alla Reserva Flor de Loto. Ovviamente dopo tanto camminare (inutile dire che 2/3 ore di camminata nella jungla non sono la stessa cosa di una camminata su un lungomare) l’idea di poterci rilassare e riposare su una barca ci rallegra notevolmente. Dismettiamo le cerate perchè ormai in cielo splende un bellissimo sole e ci godiamo questo tragitto che comincia e si articola attraverso fitti canali in mezzo alla foresta. Il verde è ovunque, ai lati per via dei colori della foresta e nell’acqua che li riflette…è difficile descrivere uno spettacolo simile a parole. Siamo noi e la natura…null’altro. Bellissimo ! Prima di sfociare in rii e laghi più ampi passa ancora circa un’ora…sembra di sognare ad occhi aperti…io e Vittorino non apriamo bocca e siamo entrambi estasiati dallo spettacolo.
Sfociamo quindi quasi improvvisamente in una sorta di lago. Ma lo spettacolo non cambia, gli scenari ora sono molto più ampi, stormi di aironi e altri uccelli tropicali si levano in cielo per poi atterrare su banchi di erbe galleggianti. E’ tutto un susseguirsi di piccoli rii e laghetti che attraversiamo con la nostra piccola canoa. A un certo punto le erbe galleggianti davanti a noi si fanno fittissime, a colpo d’occhio sembra un vero e proprio prato e fa una certa impressione trafiggerlo con la canoa, siamo totalmente avvolti dal verde. E’ la porta d’ingresso all’arrivo alla Reserva Flor de Loto. Sostanzialmente arriviamo alla riserva dal retro, il davanti è affacciato sul maestoso e per me mitico Rio delle Amazzoni che a Leticia avevamo potuto in realtà solo intravedere.
Nella sua semplicità la riserva è bellissima, una vera e propria oasi di pace. Dopo la notte nella casa sull’albero la nostra stanza sembra una reggia. Su una palafitta, qui le variazioni di altitudine dell’acqua a seconda delle stagioni e delle piogge sono anche di diversi metri, la nostra stanza è tutta in legno contornata da enormi zanzariere, davanti alla camera una piccola scalinata che degrada sul lago ricoperto da fiori di loto. Unica compagnia un paio di splendidi e coloratissimi pappagalli Ara che volano liberi poggiandosi sui passamano della palafitta.
Scopriamo ben presto che saremo gli unici ospiti della riserva assieme ad una coppia di inglesi, anche loro con Amazon Tour e accompagnati dalla guida Elvis, personaggio con cui ben presto diventeremo amici. Dopo una mattinata decisamente intensa e un ottimo pranzo ci concediamo un breve e meritato riposo.
Il programma prevede pesca di piranhas nei laghi Yahuarcaca. Saliamo quindi su una piccola piroga con delle canne da pesca primitive e pagaiando ci allontaniamo un poco dalla riserva. Alcuni pappagalli Ara ci volano sulla testa e a volte vengono a poggiarsi sulla canoa. Anche questo è uno spettacolo incredibile. I piranha ci sono e abboccano pure ma sono furbi, riescono praticamente sempre a mangiarsi l’esca senza abboccare all’amo e li sento con la piccola canna tirare la lenza. Devo dire che, come per la caccia, certo non amo pescare per cui non mi dispiace nemmeno troppo non prenderne neanche uno. L’unico che riesce a pescarne un paio, piccoli, è la nostra guida Thomas.
Dopo cena è prevista una escursione con canoa a motore nei laghi alle spalle della Riserva, sostanzialmente quelli da cui siamo arrivati. Anche questa è una esperienza eccezionale, i fiumi, i laghi e la foresta osservati e vissuti di notte hanno un fascino diverso e ancora più misterioso ed incantato…improvvisamente ci accorgiamo di essere circondati da una miriade di lucciole…fenomeno purtroppo non sempre così facile da vedere da noi.
Immersi nel silenzio e allo stesso tempo nei magici rumori della foresta amazzonica passiamo una splendida notte risvegliandoci con le luci dell’alba e avvolti da un senso di pace impareggiabile.
Giorno 3. Dopo una ricca colazione a base di frutta, uova, riso e ricchi succhi naturali siamo pronti per ripartire. La prossima destinazione è la Reserva Maracha ma le cose che ci caricano di adrenalina e curiosità sono due: navigare il Rio delle Amazzoni e arrivare in Perù, paese in cui non sono mai stato. In realtà qui i confini non sono definiti, sali su una barca, attraversi un rio e sbarchi in un’altra nazione. Tutto qui nella sua eccezionale semplicità.
Il battellino che ci viene a prendere è una specie di minuscolo motoscafo coperto, potrei definirlo una smart modello battello ma molto più spartana. Ci immettiamo quindi nel maestoso Rio delle Amazzoni. Questo Rio è veramente immenso, quando lo percorri sembra di essere su una grande autostrada, il suo colore è abbastanza scuro e vari battelli vanno in direzioni opposte. E’ una vera e propria arteria di comunicazione lunga quasi 7.000 km che attraversa ben 7 stati. Immaginare che a circa 5.000 km da dove siamo sfocia nell’Atlantico fa un po’ impressione…
Dopo un tragitto di poco più di un’ora verso nord, incrociando anche alcune grandi isole, giungiamo alla terra ferma dove è situata, più all’interno la Reserva Maracha. Siamo sulla sponda opposta del Rio e siamo giunti in Perù. Nessuna frontiera ma solo le bandiere nazionali biancorosse a ricordarcelo. Ad aspettarci Roberto, una delle guide della riserva che sarà, assieme al fidato Thomas, il nostro angelo custode di questa nuova bellissima esperienza.
Dopo le foto di rito davanti alla bella scritta in legno col nome della riserva coi colori delle bandiere dei tre stati di questa zona (Brasile, Colombia e Perù) cominciamo la nostra camminata di quasi due ore in mezzo alla foresta che ci porterà alla riserva che si affaccia su uno splendido lago nel bel mezzo della jungla amazzonica.
Fa molto caldo, il tasso di umidità è molto alto e ben presto le zanzare cominciano a farsi sentire. Ci riempiamo di repellente ma per loro pare essere semplice acqua…per ripararmi meglio mi metto addosso la cerata che però aumenta il calore. La camminata è comunque bella e ammiriamo varie specie di flora e fauna, tra quest’ultima la rara uistitì pigmeo, la scimmia più piccola del mondo che raggiunge appena i 13 cm. di lunghezza. Onestamente non è bellissima a vedersi, sembra più un topo ma è comunque anche questo uno spettacolo unico.
Dopo questa faticosa camminata giungere alla riserva, per quanto possibile un’oasi di pace e bellezza ancor superiore alla Reserva Flor de Loto, è un sollievo. Anche questa riserva è praticamente tutta costruita su palafitte e si affaccia su un piccolo lago bellissimo. I colori del contesto sono incredibilmente vividi. E’ tutto eccezionalmente spettacolare.
Dopo pranzo vediamo un po’ di agitazione in prossimità della riva del fiume. Una delle guide della riserva ha una specie di canna con appeso un grosso pezzo di carne che appoggia sul ciglio dell’acqua. Poco a poco, ma abbastanza rapidamente, arriva un grosso caimano che ovviamente nel giro di pochi secondi se lo sbrana avidamente. Giro lo sguardo e mi accorgo che alla mia destra, a circa 20, massimo 30 metri ci sono le canoe e lo scivolo sul lago dove nel pomeriggio è prevista la gita sul lago in kayak….
Dopo aver preso quindi possesso della nostra camera, forse un pochino più spartana di quella della riserva precedente, anch’essa ovviamente in legno, e un breve riposino siamo già pronti al giro libero in kayak sul lago. Ovviamente lo spettacolo del caimano ci rende ben più attenti e guardinghi ma devo dire che anche qui, sarà incoscienza, non abbiamo la percezione del pericolo. E’ domenica e un piccolo gruppo di giovani di Leticia è in escursione giornaliera (per la notte saremo solo noi, gli inglesi della notte precedente e i tedeschi della casa sull’albero) quindi non ci sentiamo soli a rischiare. Giunti alla fine di uno dei due lati del lago ci infiliamo in uno stretto canale immerso nella foresta, bellissimo e anche questo dai colori unici. Un numero vario di uccelli mai visti ci gira sulle teste, fra questi anche alcuni pappagalli Ara coloratissimi. Io e Vittorino fermiamo per qualche minuto le nostre canoe sdraiandoci all’indietro e ci immergiamo in una pace idilliaca.
Più tardi, assieme a Roberto, la guida del Marasha, e Thomas visitiamo in canoa anche l’altro lato del lago, scendendo a terra per ammirare un enorme albero di Ceiba di più di 400 anni. Mentre siamo vicini a questo imponente albero poco lontano scorgiamo un folto branco di scimmie, presumibilmente cappuccine, almeno una trentina, che di albero in albero attraversa tutta l’area dove siamo posizionati noi. Inutile dire che anche questo è uno spettacolo unico. Quando torniamo sulla canoa proviamo nuovamente a cimentarci nella pesca ai piranha, anche qui con scarsi risultati anche se un pochino meglio del giorno prima. Roberto però riesce a pescare un pesce veramente grande, pesce che farà cucinare e ci farà servire per la cena. Veramente ottimo e gustoso.
Dopo la cena il programma riserva una gita in canoa alla ricerca dei caimani, rettili tipicamente notturni, momento in cui vanno a caccia di prede. Facciamo un bel giro pagaiando, rigorosamente privi di motore per non fare rumore e dopo quasi un’ora, avvicinandoci a una riva non distante da dove eravamo a pescare nel pomeriggio, avvistiamo chiaramente gli occhi di un caimano a fior d’acqua. Piano piano ci avviciniamo sempre più fino ad arrivargli a meno di due metri. Presumibilmente la nostra canoa non è molto più grande di lui e quando, probabilmente perchè troppo vicini, si allontana con una vigorosa e rumorosa codata un certo brivido sulle nostre schiene scorre…
Proseguiamo quindi la ricerca dirigendoci dal lato opposto, giungendo e infilandoci nel piccolo rio dove ci eravamo rilassati nel pomeriggio con i kayak. Roberto cerca meticolosamente tendendo l’orecchio a qualsiasi impercettibile rumore. Ci infiliamo così in una sorta di anfratto sotto fitti rami sospesi dove si intravedono gli occhi di un piccolo caimano. Quando è buio, con le piccole luci poste sulla testa, gli occhi dei caimani riflettono a fior d’acqua chiaramente e restano immobili. Siamo molto vicini e quando Roberto si accorge che il caimano scappa si getta dalla canoa a gambe nude e senza stivali nell’acqua, io e Vittorino pensiamo “questo è pazzo completo”. L’acqua è molto bassa in quel punto, gli arriva sotto il ginocchio, nel buio e con la poca luce delle nostre torce lo intravediamo scorrazzare in quello spazio angusto e riapparire dopo pochi minuti deluso per non essere riuscito a prenderlo. Quando siamo sulla via del ritorno gli chiedo se non fosse stato imprudente il suo “tuffo” in acqua. Ci pensa un secondo e con uno splendido sorriso mi risponde che ripensandoci in effetti un po’ pericoloso fosse stato, non tanto per il caimano, ma per le numerose anguille elettriche che popolano i rii e che con una scossa elettrica sono in grado di uccidere anche un uomo adulto…
Rientrati alla riserva ci culliamo per un lungo momento sulle amache quasi a pelo d’acqua della riserva, hanno già tolto la corrente e siamo completamente immersi nella natura. E’ una sensazione incredibilmente bella…
Giorno 4. Al mattino di buon ora come sempre, d’altronde in Amazzonia si va sempre a letto piuttosto presto, ci godiamo un’altra ricca e ottima colazione. I pappagalli Ara ci fanno la posta per spiluccare qualcosa, mi siedo su una scala esterna di legno che porta al piano superiore e mi diverto a interagire con uno splendido esemplare che sembra gradire molto la papaya che gli offro.
E’ giunto quindi il momento di lasciare anche questo altro paradiso terrestre, forse superiore a livello paesaggistico del Flor de Loto. Roberto con una lancia a motore attende noi e le altre due coppie al piccolo imbarcadero di legno della riserva. Una volta saliti imbocchiamo il piccolo rio della notte precedente e percorrendolo tutto tra immense mangrovie e una vegetazione maestosa giungiamo poco dopo mezz’ora al Rio delle Amazzoni. Inutile dire che anche questo tragitto ci lascia a bocca aperta…
Ad attenderci il motoscafino che li ci aveva lasciati la mattina precedente. La nostra destinazione è il paesino di Puerto Nariño, seconda città del Dipartimento Amazonas con poco meno di 7.000 abitanti, a circa 50 km a nord da qui, distanza che copriremo tutta lungo l’imponente Rio delle Amazzoni.
Il programma prevede comunque una sosta alla comunità Mocagua, dove è stato istituito un programma di recupero e salvaguardia di alcune specie di scimmie in via d’estinzione o comunque in pericolo. Ci attende un omino indio che avrà più di 70 anni. Ci spiega che era un cacciatore di scimmie, come molti nella zona, ma che questo progetto lo ha convertito in guida e questo gli consente di guadagnare senza dover ricorrere a questo tipo di caccia. Dopo un sentiero di una quarantina di minuti arriviamo alla casa delle scimmie Fondazione Maikuchiga, dove sono presenti alcune specie di scimmie in processo di recupero finalizzato al ritorno all’ambiente naturale, con grande beneficio per l’equilibrio degli ecosistemi della giungla. Ci accoglie una simpatica scimmia cappuccino che fa di tutto per rendere la nostra visita gradevole ed ospitale; poco dopo arriva Elena, scimmia Lagothrix, o più comunemente detta Scimmia Lanosa per via della sua folta pelliccia, che è un po’ la vera padrona di casa della Fondazione. Ci sediamo per terra nell’ampia balconata di legno e poco a poco le scimmie cominciano a interagire con noi in maniera molto spontanea e allegra. Anche il più timido e piccolissimo lemore che inizialmente si nasconde dietro le nostre schiene piano piano prende confidenza lasciandosi carezzare. Le scimmie non sono molte, anche perchè una volta curate e riabilitate la fondazione cerca di restituirle al loro ambiente naturale, ma tutte di specie piuttosto difficili da incontrare nella jungla. L’abbondante ora qui passa dunque molto rapidamente ed andare via, con Elena che ci segue fino a che non riprendiamo il sentiero per la comunità, fa quasi dispiacere…
Dopo un abbondante ed ottimo pranzo nella comunità ripartiamo col nostro motoscafino direzione Puerto Nariño, ormai non troppo distante. Giungiamo quindi in questa sorta di città presepe nel bel mezzo dell’Amazzonia Colombiana. All’arrivo, sul lungo pontile in cemento che fa da ingresso al paesino, una lunga schiera di militari in assetto da guerra coi mitra in mano. E’ una scena un po’ surreale, sembra di essere nel mezzo di un colpo di stato. Passiamo in mezzo a questa duplice fila, a dire il vero anche un po’ intimoriti, e terminato il pontile ci incamminiamo verso il nostro hotel. Non sapremo mai alla fine il motivo di quello schieramento. Ridendo e scherzando io e Vittorino facciamo finta sia stato una sorta di comitato di accoglienza…
Puerto Nariño è una cittadina di cui è fin troppo facile innamorarsi. Non ci sono macchine ne moto, ad eccezione di un trattore e di una ambulanza, praticamente è interamente pedonabile. Tenuta molto bene, pulita e con un’attitudine comune all’ecosostenibilità e alla raccolta differenziata che onestamente da noi ce la sogniamo.
Come nel resto dell’Amazzonia Colombiana visitata anche qui la gente è cordiale e serena. Dopo aver preso possesso della nostra camera al Waira Selva Hotel il programma prevede una escursione al lago Tarapoto per osservare i delfini rosa d’acqua dolce. Torniamo quindi al lungo molo, dove nel frattempo i militari han levato le tende e, per nostra grande fortuna solo poco prima di salire sulla nostra barchetta, si scatena un vero e proprio uragano d’acqua. Improvvisamente viene giù una quantità d’acqua che io, pur vivendo a Genova dove di alluvioni purtroppo abbiamo esperienza, non ho mai visto tutta assieme. Per fortuna dura poco, meno di 10 minuti, dopodichè siamo pronti ad imbarcarci e partire.
E con nostro piacevole stupore non occorre arrivare al lago Tarapoto perchè appena di fronte al paesino i delfini cominciano a giocare e a farsi vedere. Ci fermiamo quindi ad ammirare questo ennesimo spettacolo della natura con lo sguardo, devo ammettere, un po’ incantato come bambini. I delfini sono molto generosi nel farsi vedere e nonostante ciò chiediamo di raggiungere comunque il lago Tarapoto dove praticamente entriamo e usciamo visto che stranamente proprio qui di delfini non si vede nemmeno l’ombra. Notiamo però un paio di gruppi di ragazzi e ragazze gareggiare pagaiando con vigore incitati da alcuni coach e ovviamente ci uniamo all’incitamento. Anche perchè ricordiamo di averli visti nel nostro hotel dove difatti li riincontreremo la sera.
Il tramonto sul Rio delle Amazzoni è veramente spettacolare, se possibile qui ancora di più. Puerto Nariño è posta all’ingresso di una serie di laghi per cui di fronte al paesino c’è una sorta di estuario che occulta un poco la vista sul Rio delle Amazzoni. Questo però al tramonto rende l’orizzonte ancora più bello e spettacolare…
La sera prima di uscire incontriamo i ragazzi che si sfidavano in canoa. Conosco così un personaggio mitico. Fernando Duran, colombiano che organizza questi Juegos Tribales (Giochi tribali) in giro per i posti più suggestivi del paese attraverso la sua società Canotaje y Aventura. Sicuramente una bella iniziativa che coniuga il gioco alla storia e alla geografia di questo bellissimo paese.
La vita notturna di qua non è certo molto frizzante, per di più è lunedì. Facciamo quindi una passeggiata lungo la strada principale che costeggia il fiume e termina dal molo. In un campo di calcetto coperto da una tensostruttura la gioventù del paese si sfida mentre poco più avanti una sorta di piccolo maxischermo proietta un film. E’ una specie di cinema all’aperto libero ma la gente è seduta in ordine sparso. Una scena molto pulita e tenera che mette in sintonia con un mondo ormai da noi del tutto perso. Alcuni baretti desolatamente vuoti ed un discreto via vai di militari fanno da contorno.
La mattina seguente, dopo aver fatto visita al belvedere di Puerto Nariño e ad un museo molto carino che rappresenta la vita subacquea del Rio delle Amazzoni, rientriamo col nostro barchino a Leticia. La traversata di 70 km dura poco meno di due ore e come detto in precedenza sembra di percorrere un’autostrada.
Arrivati a Leticia facciamo ancora in tempo ad andare a berci una ricca caipirinha a Tabatinga, la città brasiliana gemella di Leticia, e spostandoci un pochino più a sud giungiamo ad una sorta di belvedere da cui si possono distinguere bene las tre fronteras, come è comunemente chiamata questa zona, Brasile, Colombia e Perù.
Il tempo di tornare agli uffici di Amazon Tour per recuperare il nostro bagaglio e ci dirigiamo in aeroporto dove nel primo pomeriggio ci attende un volo che, via Bogotà, ci porterà a Pereira, prossima destinazione l’Eje Cafetero.
L’avventura in Amazzonia è stata eccezionale, per certi versi e per la pace e le emozioni che ci ha regalato forse è andata anche oltre le nostre aspettative. E’ una esperienza che mi sento di consigliare a tutti, permettendomi anche di rassicurare chi può avere timori. Ovvio, per i tour nella jungla è bene mettersi nelle mani di operatori esperti che sapranno, per quanto possibile, mettervi sempre al riparo dai pericoli che una esperienza di questo tipo può riservare. Lasciamo quindi questa terra con un po’ di tristezza e il profondo desiderio di tornare a visitare l’Amazzonia e il suo dolce popolo prima possibile….